Non è facile descrivere un artista come Decio.
Nasce negli anni ’70 come pittore, ma la sua indole indomita lo porta presto a dialogare con la materia che piega, domina e sottomette ai suoi desideri.
Ogni sua opera emana potenza espressiva, forza creativa. La sofferenza ed il dolore che sprigionano le sculture realizzate per manifestare contro la violenza subita dalle donne o per piangere sulle debolezze umane che portano verso l’alcolismo o la tossicodipendenza si contrappongono alla energia spirituale che si eleva attraverso le “ali della libertà” o alla dolcezza che emanano le sue danzatrici, felici, riccamente agghindate, creature che fuoriescono dalla materia in modo naturale. Un pezzo di legno genera un fungo di terracotta dal quale prende vita il corpo di una ballerina di flamenco, da un elemento ricurvo in ferro arrugginito nasce la vela di una nave in cemento, un cilindro di metallo traforato racchiude il corpo di una geisha giapponese. Ogni oggetto abbandonato, dimenticato, scartato, prende vita e origina forme inaspettate, risorge a nuova vita anzi, diventa il cuore pulsante di una emozione tradotta in materia. Ma Decio non si ferma qui. La sua potenza creativa sviluppa ceramiche ed elementi d’arredo per abitazioni private che si rinnovano in un’atmosfera calda e sensuale o per attività commerciali, dove ogni particolare architettonico fuoriesce dalla sua personale reinterpretazione dei prodotti in vendita. Lampade, tavoli, sedie, poltrone eppoi piatti, vassoi, ciotole ma anche armadi, lavabi, vasi, fioriere mostrano il suo genio che spazia tra design minimalista ed officina ludica. Decio riesce a dare libero sfogo ad ogni suo pensiero che così si libera e vola verso le spettatore che, attonito, non può far altro che assorbire la forza racchiusa, intrappolata in queste creature che, seppur immobili, dialogano (a volte urlano decisamente!), fluttuano, danzano, quasi eteree, si diperdono in uno struggente vortice di dolore.
…… quello che vedo
Renej M.